MANIPOLO

Manipolazioni fotografiche di satira politica e di costume

Dedicato a: al lettore
Editore: Liberodiscrivere
Collana: Ritratto d'Autore
ISBN: 88-7388-095-9
Pagine: 112
Prezzo: 15,00 €
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MANIPOLO? di Marco Giusti

Un manipolo d’eroi. Mani – Polo. O, meglio, io manipolo. Atto poco legale ma, sicuramente, creativo.
Una delle regole auree per Blob degli esordi era “niente manipolazioni”. Cioè: assolutamente vietato cambiare il sonoro di un singolo pezzo preso in esame o cambiare all’interno di una ripresa video volti e corpi con qualche trucco grafico. Come, più o meno, faceva e fa ancora “Striscia la notizia” che piazzava i faccioni dei politici o dei personaggi televisivi su qualsiasi corpo.
Quale orrore! Quale volgarità! Ma le regole, si sa, sono fatte per essere infrante. Altrimenti dove sta il divertimento? E il massimo del divieto, come insegnava Marcello Marchesi, è vietato vietare. E la volgarità del manipolare un’immagine fa parte del gioco della comunicazione. Come se le stesse immagini “pure” di tanti uomini politici non fossero già manipolate. Quando, poi, sono già manipolati i loro volti, i loro corpi. Così ben vengano le manipolazioni, soprattutto se sono manipolazioni che non sono fatte, come nel caso dell’architetto Edoardo Baraldi, per ottenere un rapido effetto comico, per stupire superficialmente.
La manipolazione che ci piace è quella che c’insegna qualcosa, che scava col bisturi in profondità all’interno di un personaggio, di una situazione politica o sociale, per spingere, con le immagini - e anche con la didascalia - verso associazioni, umori, divagazioni che ci facciano pensare ad altro. Senza perdere l’effetto comico, certo, che sia alla base di qualsiasi manipolazione di satira. Ma lo scatto in più che ci mostrano le immagini manipolate dell’architetto Baraldi (insisto sul fatto che sia architetto non solo perché anche io, inutilmente, lo sono, ma perché l’architetto costruisce sempre qualcosa), che sembrano provenire da qualche scavo archeologico del futuro, sgranate come sono nel passaggio dal computer alla stampa su foglio, è proprio nel percorso che ce ne fa seguire prima la nascita tecnica-teorica, il momento creativo, e poi la possibilità di sviluppo comunicativo. Infinito, proprio perché sono fatte per non avere una definizione unica, una lettura unica.
A questa ambiguità di lettura, ancora più stridente dal momento che l’immagine dovrebbe essere fissa per sempre, la manipolazione su computer, proprio per il suo carattere di creatività fai-da-te molto basso, molto elementare, aggiunge un fascino da scarsa definizione che ne espande incredibilmente i valori. Come se fossero semplici collage da bambini delle elementari, quindi maliziosi, selvaggi, incontrollabili e quindi liberissimi. Ma noi sappiamo che dietro a questa operazione c’è un signore, l’io di io manipolo, che sa esattamente quello che sta facendo e sta ragionando con noi su quale direzione dare alle sue costruzioni.
Infatti sa spostarsi un attimo dalla sua creatura e darcene una dimensione al tempo stesso esterna e interna.
Sa ragionarci su. Come se quello che sta facendo fosse un saggio critico, un articolo, un racconto.
Solo che l’architetto Baraldi, come molti altri saggi italiani che hanno il tempo per raccogliere e leggere con attenzione le immagini e le parole che circolano in tv e sui giornali, ha il dono di saperle ricostruire e rielaborare criticamente per tutti con una sintesi invidiabile.
Come quei piatti che vengono misteriosamente bene grazie, chissà, a quale attenta manipolazione.

Marco Giusti


“Pensando, mi sono creato eco e abisso” di Massimo Bucchi


Questo scriveva Pessoa, che immagino Baraldi apprezzi, o forse magari ami (lo sa solo lui, ma propendo per la prima ipotesi). Però non può anche non sapere che la cosa lo riguarda da vicino. Venuto dall’arte, la pittura frequentata e realizzata per decenni, nell’arte Baraldi è rimasto anche dopo aver incontrato la straordinaria ma illusoria libertà del computer, fonte di immagini infinite ma indirizzata da rotaie d’acciaio. Aver ignorato, più che evitato, questa costrizione, gli ha permesso di trasformare l’eco in riflesso profondo, la superficie in abisso. Le sue sono icone invitanti fatte di ghiaccio sottile, pattinando con lo sguardo e con la mente su di esse c’è il rischio di rottura. Rischio di sprofondare e di trovare e riconoscere improvvisamente se stessi. Di trovarsi senza preavviso in un mondo in cui siamo immersi e che tuttavia rifiutiamo di capire.
Non mi convince del tutto Baraldi quando afferma di trovare per caso, quasi ludicamente, di pensare per coincidenze. E’ vero, e lui forse è il primo a saperlo, che senza un lavoro faticoso e continuo non si trova niente, tanto meno le idee. Perché un continente emerga sono necessarie forze potenti e metodiche. E che la sua opera sia un tutto caleidoscopico ma coerente e organico, che non nasce come spesso la satira politica dal bisogno tattico di illustrare dei significati, ma dal saper far esplodere la composizione svelando un senso riposto delle immagini, non c’è nessun dubbio possibile. L’arte è sempre godibile al di là delle sue tesi e intenzioni preordinate. Va oltre la satira per la maggiore ampiezza del suo ciclo, del suo spessore estetico e cronologico

Baraldi è un caposcuola. Credo che provi però una nostalgia del dipingere, una mancanza della materia e della dimensione che invece si dissolvono nel lavoro fatto al monitor, in un’arte virtuale costruita di citazioni. Ebbene, resista. I suoi angeli marmorei con i vivi occhi azzurri, le foto di famiglia stravolte dall’irruzione di un altro tempo, l’arte rivisitata di cui svela gli attuali significati, sono passi di uscita e non diversioni casuali. La citazione è solo il mezzo per realizzare originali assoluti, all’altezza del nostro silenzioso bisogno di rivolta. Quando la nostalgia lo riafferrerà, quando sarà di nuovo circondato dalle sue insidiose e fluttuanti sirene, pensi a noi.

Massimo Bucchi


MANIPOLANDO di Edoardo Baraldi


Quando i primi Commodore 64 sono approdati nell’ufficio tecnico comunale facevo finta di non accorgermene. Preferivo la vecchia e rumorosa ma assolutamente affidabile divisumma Olivetti. Un dignitoso distacco o naturale pigrizia?

Per anni avevo giocato con la creatività, lavoro e hobby coincidevano. Un privilegiato che poteva percorrere spazi che prima erano solo astrazioni, l’idea che diventa volume da vivere. Ma un bel gioco dura poco.

Ho lasciato prematuramente l’amministrazione comunale al suo destino, con le lacrime agli occhi perché sentivo che si chiudeva un ciclo. Un po’ me l’ero cercata: è difficile essere accettati nel mondo del lavoro se si mantiene un’autonomia di pensiero. Soffrivo della sindrome d’Aladino, con l’architetto genio, si fa per dire, che per una boccata d’aria asseconda volentieri (oggi tutti direbbero “senza se e senza ma”) il possessore della lampada, l’assessore di turno, il sindaco immancabilmente socialista.

Così mi sono dedicato al tennis ed è lì che mi sono imbattuto in uno smanettone dei computer (certo che i francesi son bravi a rifiutare la lingua imperiale!), mi sono lasciato convincere e ho acquistato il primo “ordinateur” (con poca RAM perché molto costosa) per confezionare dei fotomontaggi che sarebbero serviti come bozzetti per i miei lavori di grafica e oli. In breve tempo sono diventato uno spacciatore d’immagini manipolate. Utilizzando una raccolta di vecchie riviste fotografiche, settimanali, volumi di storia dell’arte e dell’architettura, vecchie foto di famiglia; senza disdegnare i giornali in un disordine salutare.

La ricetta del manipolatore:

- E’indispensabile disporre di un archivio fotografico e leggere non solo quotidiani;

- Aggiungere una buona memoria e tenerla in caldo o conservarla a temperatura in ambiente anche extracomunitario (mai mettere gli ingredienti in frigorifero);

- Utilizzare anche immagini colte da internet. Nel nostro caso non conta tanto la quantità (di pixel) ma la qualità dell’idea, il sapore e la fragranza degli ingredienti;

- Mai dimenticare il rosso peperoncino di cayenna (pare non dia gli inconvenienti del nero pepe) distribuendo uniformemente in tutte le direzioni, sia al centro destra di destra che di sinistra, e oltre per intenderci;

- Passare il tutto allo scanner, tagliare, immergere, copiare e incollare per guarnire con lazo poligonale e timbro di Photoshop;

- Esporre il risultato alla mensa degli amici, di internet, nei siti dedicati. Aspettare la lievitazione e o il gradimento;

- Per la cottura è possibile usare forni tradizionali come molti libri, gallerie e incontri conviviali (poca televisione). Occorre fare molta attenzione alla temperatura che non può essere eccessiva ma costante e ai tempi che devono essere giusti (naturalmente) se non si vuole compromettere il risultato;

- Il sapore della pietanza non incontra tutti i palati.

Edoardo Baraldi

 

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